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IVA erroneamente addebitata: rimborso escluso in caso di frode accertata

Nov 11, 2025

La Risoluzione n. 50/E del 3 ottobre 2025 chiarisce che il rimborso dell’IVA non dovuta, ai sensi dell’art. 30-ter del DPR 633/72, è ammesso solo se l’errato addebito non è avvenuto in un contesto di frode. In caso contrario, il diritto alla restituzione è precluso.
Con la Risoluzione n. 50/E, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti operativi in merito alla restituzione dell’IVA indebitamente versata, disciplinata dall’art. 30-ter del DPR 633/72. Il caso esaminato riguarda la riqualificazione, in sede di controllo, di un contratto originariamente qualificato come appalto di servizi, poi ricondotto a somministrazione di lavoro, con conseguente disconoscimento della detrazione IVA da parte del committente.

La posizione dell’Agenzia è netta: se la riqualificazione avviene in un contesto di frode, il cedente/prestatore non può accedere al rimborso dell’IVA versata, anche se il committente ha restituito l’imposta e non ha potuto detrarla. La ratio è evitare che operazioni fraudolente possano beneficiare di meccanismi di neutralità fiscale.

La Risoluzione ribadisce che il rimborso è subordinato a due condizioni:

1.Il cedente/prestatore deve aver restituito l’imposta al cessionario/committente.

2. Il cessionario/committente, se ha detratto l’IVA, deve averla versata all’Erario.

In assenza di frode, il rimborso è ammissibile entro due anni dalla restituzione dell’imposta al cliente. Tuttavia, in presenza di elementi che configurano una frode – anche solo presunta – il diritto alla restituzione viene meno.

 

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