Anche dalle crisi possono nascere nuove opportunità. Quali le prospettive delle imprese edili per reinventarsi e rilanciarsi nel mercato immobiliare.
Negli ultimi tempi, il mercato immobiliare italiano si è trovato ad affrontare una profonda fase di incertezza e instabilità che ha avuto significative ripercussioni sul settore delle costruzioni e degli investimenti immobiliari.
Tale situazione è particolarmente evidente nel contesto milanese, che da sempre rappresenta uno dei mercati più dinamici e importanti della Nazione.
Diversi sono i fattori che stanno contribuendo a destare notevole preoccupazione tra gli imprenditori del settore edile, che non possono fare a meno di interrogarsi su quali siano le effettive prospettive future e sulle possibili nuove direzioni da intraprendere.
Uno dei principali fattori che crea questo stato di incertezza è legato alla prossima scadenza dei bonus edilizi maggiormente vantaggiosi.
Negli ultimi anni, il Superbonus 110% e le altre agevolazioni fiscali hanno rappresentato un’importante spinta per il mercato delle ristrutturazioni e delle riqualificazioni immobiliari.
Tuttavia, con l’avvicinarsi della scadenza di questi incentivi, molti investitori e proprietari di immobili stanno ritardando decisioni importanti, in attesa di ulteriori sviluppi o di eventuali proroghe delle agevolazioni.
Questa situazione di stallo disincentiva l’avvio di nuove operazioni private determinando così una riduzione della domanda di interventi di ristrutturazione e/o riqualificazione, incidendo così negativamente sul mercato immobiliare nel suo complesso.
A complicare ulteriormente il quadro, è intervenuta la Direttiva Case Green dell'Unione Europea, che punta a migliorare l'efficienza energetica degli edifici esistenti entro il 2030.
Sebbene questa direttiva rappresenti un passo avanti verso la sostenibilità, non è ancora chiaro come evolverà la sua implementazione in Italia e quali saranno le misure che verranno rese disponibili per facilitare l'adeguamento degli immobili.
Il rischio è che senza un adeguato supporto economico, il costo degli interventi richiesti possa gravare ulteriormente sui singoli proprietari immobiliari, danneggiando ulteriormente il mercato delle ristrutturazioni e delle vendite.
Un altro fattore critico che ha contribuito e continua a contribuire alla crisi del mercato immobiliare è il rincaro dei materiali delle costruzioni, legato ad una serie di problematiche ben note, che, non solo ha ridotto i margini di profitto delle imprese edili, ma ha anche fatto lievitare i costi finali degli immobili, rendendoli meno accessibili per una buona parte degli acquirenti.
A Milano, città storicamente protagonista di un'elevata domanda immobiliare, il rincaro dei materiali si è tradotto in un rallentamento del mercato stesso, con una riduzione del numero di nuove costruzioni e di progetti di riqualificazione urbana.
In questo contesto già complesso, le plurime inchieste avviate dalla Procura di Milano rappresentano un ulteriore elemento di preoccupazione che, inevitabilmente disincentiva gli investitori immobiliari sia nazionali che internazionali.
Dette inchieste vertono su possibili abusi commessi dal Comune di Milano nell'accettazione di semplici segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA) per interventi edilizi che avrebbero, in realtà, richiesto una tipologia di procedura autorizzativa differente.
Questo scenario ha alimentato il clima di incertezza tra gli operatori del settore, che si trovano ad affrontare non solo difficoltà economiche e burocratiche, ma anche il rischio di ripercussioni legali e/o amministrative.
Qualora l'inchiesta dovesse confermare l'esistenza di abusi, le conseguenze potrebbero essere estremamente deleterie per il mercato milanese, con un ulteriore rallentamento delle attività edilizie e un aumento dei costi volti a sanare e regolarizzare le pratiche in essere da un punto di vista normativo.
Di fronte a questo grigio scenario caratterizzato da un’enorme nube di imprevedibilità, le imprese edili si trovano di fronte ad un bivio.
Le domande che inevitabilmente emergono sono: quali prospettive si aprono per le aziende del settore? Quali sono le direzioni verso cui volgere lo sguardo per poter diversificare le linee di business e continuare a godere di un elevato livello di competitività?
Un ambito sicuramente da considerare per le imprese edili operanti nel Real Estate, con particolare riferimento a quelle che si occupano di costruzioni e ristrutturazioni, potrebbe essere quello degli appalti pubblici.
Difatti, di fronte alla stagnazione delle commesse private, quello degli appalti pubblici rappresenta uno dei pochi mercati dove sembra che ancora vi sia una prospettiva florida.
Basti pensare che da quanto emerge nel XXXIV Rapporto congiunturale e previsionale dedicato al “Mercato delle costruzioni 2023-2026” «le opere pubbliche hanno visto aggiudicati 50 miliardi di lavori nel 2021, 59 nel 2022 e 91 nel 2023, numeri eccezionali, anche in questo caso, rispetto ai 15 miliardi di lavori all’anno aggiudicati mediamente dal 2012 al 2019». Il report continua con un secondo, importante, dato: «la metà delle aggiudicazioni del 2023 e un terzo di quelle del 2022, ha a che fare con il PNRR e si dovrebbero chiudere entro il 2026 (o 2027 se ci sarà la proroga)». La partita nel mercato degli appalti pubblici è ancora aperta.
Più nel dettaglio, oltre a un quadro fiorente dal punto di vista economico, l’attuazione del PNRR ha permesso di creare le condizioni per superare alcuni dei maggiori ostacoli che fino a pochi anni fa rendevano il mercato delle commesse pubbliche di difficile e, a volte, rischioso accesso; in primis, i ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione. Una delle assi portanti della componente M1C1 del PNRR (asse 4) si sostanzia nell’introduzione di misure volte a «snellire la disciplina degli appalti pubblici, accrescere la certezza del diritto per le imprese e velocizzare l'iter di affidamento mantenendo le garanzie procedurali di trasparenza e parità di trattamento» e dunque a «riformare certi aspetti chiave delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni e a ridurre i tempi di pagamento delle PA a livello centrale, regionale e locale, e dei sistemi sanitari regionali»[1].
In particolare, la riforma prevede l’adozione di un pacchetto strutturale con azioni a livello sia centrale che locale, compresa l’entrata in vigore di atti legislativi. Nello specifico gli obiettivi da raggiungere entro la fine del 2025 sono i seguenti: «i) le pubbliche amministrazioni a livello centrale, regionale e locale paghino entro il termine di 30 giorni e ii) le autorità sanitarie regionali entro il termine di 60 giorni. Perché la soluzione al problema dei ritardi di pagamento sia strutturale, la riforma è intesa altresì a garantire che, nel 2026, i) le pubbliche amministrazioni a livello centrale, regionale e locale continuino a pagare entro il termine di 30 giorni e ii) le autorità sanitarie regionali entro il termine di 60 giorni»[2]. Più nel concreto, è stata prevista l’adozione «di nuove misure normative per assicurare la tempestiva disponibilità dei fondi per il pagamento delle fatture e rafforzare i sistemi di audit e controllo. Inoltre, sono previsti piani di azione, anche di tipo organizzativo, e rafforzamenti di personale per assicurare che le amministrazioni che ancora non rispettano i tempi previsti dalla normativa superino in maniera strutturale questo elemento di debolezza. Viene inoltre messa a disposizione una piattaforma digitale dedicata per facilitare l’interazione tra le imprese creditrici e le amministrazioni»[3].
Le novità non si fermano qui. A questa congiuntura favorevole si aggiunge un ulteriore elemento: la riforma delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni. Una prima fase, conclusa nel 2021, ha portato all’adozione di numerose misure urgenti di semplificazione dell’apparato normativo: la creazione di uffici specializzati nelle procedure di appalto presso ministeri, regioni e città metropolitane; l’accelerazione delle procedure al fine di ridurre i tempi di aggiudicazione dell’appalto e l’avvio di un apparato di monitoraggio per ridurre i tempi tra aggiudicazione e realizzazione dell’oggetto del contratto; la realizzazione e il sostegno di meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie in fase di esecuzione dei contratti pubblici.
Nei primi mesi del 2023 si è poi conclusa la seconda fase, attraverso l’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti pubblici, nel quale si prevede espressamente, tra l’altro, la qualificazione delle stazioni appaltanti; la semplificazione e digitalizzazione delle procedure delle centrali di committenza; la digitalizzazione delle procedure per tutti gli appalti pubblici attraverso l’interoperabilità e l’interconnettività delle banche dati; il superamento delle restrizioni del subappalto (si pensi all’eliminazione del divieto del c.d. subappalto “a cascata”, la cui ammissibilità è rimessa alla valutazione della Stazione Appaltante).
Ad oggi, inoltre, l’attuazione del Piano ha visto l’implementazione degli obiettivi originariamente posti attraverso la creazione di «un sistema della Pubblica Amministrazione più competente e specializzato, in grado di utilizzare con maggior efficacia i nuovi sistemi informativi previsti, che grazie all’interoperabilità delle banche dati può dare un positivo impulso alla velocizzazione delle procedure di gara e di gestione e conduzione dei cantieri, delle forniture e dei servizi»[4]
In conclusione, alla luce di quanto sopra, considerato anche l'aumento degli investimenti pubblici in infrastrutture, orientarsi verso gli appalti pubblici che, tra l’altro, offrono maggiore stabilità economica rispetto al mercato degli appalti privati consentendo alle imprese di lavorare su progetti di ampio respiro e con margini di profitto maggiormente prevedibili, potrebbe concretamente rappresentare una scelta strategica vincente per gli operatori del settore edile che si sentono pronti a valutare e cogliere nuove opportunità.
[1] COM (2024) 193 final, Allegato della decisione di esecuzione del Consiglio che modifica la decisione di esecuzione del 13 luglio 2021, relativa all’approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza dell'Italia, Bruxelles, 2 maggio 2024, p. 2
[2] Ibidem, p. 7
[3] Ministero per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR, Quarta relazione sullo stato di atuazione del Piano Nazione di Ripresa e Resilienza ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera e), del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, SEZ I, p. 23.
[4] Ministero per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR, Quarta relazione sullo stato di atuazione del Piano Nazione di Ripresa e Resilienza ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera e), del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, SEZ II, pp. 507-508.
Baker Tilly Italia Legal è uno studio legale che offre consulenza e assistenza giudiziale e stragiudiziale nell’ambito del Real Estate, con focus sulle tematiche afferenti l’ambito degli appalti pubblici e privati.
Baker Tilly Italia Legal offre altresì un servizio attraverso il quale eroga la propria consulenza in favore degli operatori economici durante tutte le fasi della gara di appalto ad evidenza pubblica, nonché durante l’eventuale fase esecutiva del contratto.