
La nuova Direttiva UE 2024/1203, inasprendo la disciplina penale ambientale, impone agli Stati membri di aggiornare entro il 2026 le proprie leggi in materia.
Il recepimento della Direttiva rappresenta una sfida importante per il legislatore italiano, che dovrà intervenire su diversi fronti per aggiornare il sistema di diritto penale ambientale, preparandosi ad un impatto fortemente punitivo.
Sotto questo profilo, infatti, la normativa europea introduce considerevoli novità, quali, inter alia, una definizione ampia di “ambiente” come bene unitario, tipizzazioni più precise dei reati, pene più severe (fino a 10 anni per i reati più gravi), nuovi reati (es. legati a biodiversità, deforestazione, sostanze pericolose, specie invasive), strumenti investigativi rafforzati (intercettazioni, sorveglianza), obbligo di sanzioni accessorie (ripristino ambientale, sanzioni pecuniarie, interdizioni), nonché prescrizioni più lunghe per garantire efficacia nella repressione.
D’altro canto, la Direttiva mette in evidenza anche l’importanza della prevenzione, con riguardo in particolare al modus operandi non soltanto delle persone fisiche, ma anche, e soprattutto, di quelle giuridiche.
Viste le pesanti sanzioni introdotte, invero, (come le misure interdittive quali la sospensione delle attività o la revoca di autorizzazioni ambientali, idonee a mettere a rischio la sopravvivenza stessa dell’impresa), la compliance ambientale diventerà un investimento obbligato: saranno necessarie risorse per adeguamenti impiantistici, consulenze, aggiornamento dei modelli e adozione di procedure di controllo più rigorose.
Le novità introdotte dalla Direttiva UE 2024/1203 avranno quindi un impatto operativo molto rilevante per le imprese, che dovranno adeguare profondamente i propri assetti organizzativi e gestionali, proprio nell’ottica della prevenzione dei reati ambientali.
In questo contesto, torna centrale il ruolo del Modello 231 e dell’Organismo di Vigilanza (OdV). Le aziende saranno infatti chiamate a rivedere il proprio Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ex D.Lgs. 231/2001, specie sotto il profilo del risk assessment: nuove fattispecie di reato, come la violazione delle norme sulla deforestazione importata o l’introduzione di specie aliene invasive, comportano l’emersione di nuovi rischi da gestire. Settori come l’industria chimica, la gestione rifiuti, la logistica, l’energia o l’agroalimentare sono particolarmente esposti e dovranno potenziare le proprie misure di controllo e due diligence, ad esempio sulle filiere di approvvigionamento o sugli impianti a rischio di incidente rilevante.
Ed ecco che anche l’Organismo di Vigilanza assumerà un ruolo centrale nella gestione del rischio ambientale, dovendo, oltre essere rafforzato sotto il profilo delle competenze in materia, monitorare altresì il rispetto delle procedure ambientali all’interno dell’impresa, aggiornare il modello in relazione ai nuovi reati e obblighi introdotti dalla Direttiva, effettuare controlli e audit interni - anche a sorpresa- per individuare e correggere possibili irregolarità, gestire segnalazioni (whistleblowing) su violazioni ambientali, promuovere la formazione e la cultura della legalità ambientale.
Inoltre, sarà essenziale che l’OdV incentivi l’adozione di condotte riparatorie in caso di danni ambientali, come la bonifica dei siti inquinati, che potranno anche avere un effetto attenuante sulle responsabilità dell’impresa.
Un’altra azione necessaria sarà l’intensificazione della formazione del personale: tutti coloro che operano in aree a rischio – dagli operai ai dirigenti – dovranno essere consapevoli delle nuove regole, dei divieti e delle pesanti conseguenze in caso di violazioni.
Le aziende saranno infine incentivate a integrare i modelli 231 con sistemi di gestione ambientale certificati (come ISO 14001 o EMAS). L’integrazione permette infatti un controllo più strutturato e continuo degli obblighi normativi, aumentando l’efficacia del presidio.
In sintesi, la Direttiva 2024/1203 richiede alle imprese un salto di qualità nella gestione del rischio ambientale. Non si tratta solo di evitare sanzioni, ma di impostare una governance aziendale orientata alla prevenzione, alla legalità e alla sostenibilità ambientale. La sfida sarà cogliere questo obbligo normativo come un’opportunità per rafforzare la competitività e la reputazione aziendale, in un contesto in cui ambiente e legalità diventano sempre più centrali.