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Deposito cauzionale nel preliminare: escluso da IVA anche se pari al prezzo

15 set 2025

La Cassazione (ord. n. 23857/2025) ha stabilito che il deposito cauzionale versato in sede di preliminare di compravendita immobiliare non è soggetto a IVA, anche se di importo analogo al prezzo pattuito, poiché mantiene funzione di garanzia e non di acconto.

Con l’ordinanza n. 23857, la Corte di Cassazione ha chiarito che la somma qualificata nel contratto preliminare come deposito cauzionale non può essere riqualificata come acconto di prezzo, neppure quando il suo ammontare è prossimo al prezzo di vendita. La funzione del deposito cauzionale è esclusivamente quella di garanzia delle obbligazioni assunte dal promissario acquirente, e non quella di anticipare il corrispettivo.

Il principio affermato dalla Corte si fonda sull’interpretazione letterale del contratto: se il testo è chiaro e coerente con la volontà delle parti, non è ammessa una diversa qualificazione. La circostanza che l’importo sia elevato non è sufficiente a mutarne la natura giuridica, così come non lo è il fatto che il pagamento avvenga contestualmente alla sottoscrizione del preliminare.

Di conseguenza, il deposito cauzionale non è soggetto a IVA, a differenza degli acconti di prezzo, e non assume la funzione di caparra confirmatoria. La Cassazione ha inoltre evidenziato che, nel caso in esame, non era stata formalmente contestata un’ipotesi di elusione fiscale, né era stato attivato il procedimento previsto dall’art. 10-bis dello Statuto del contribuente.

Operativamente, è importante che la funzione di garanzia sia chiaramente indicata nel contratto e che la somma resti vincolata fino alla stipula del definitivo. In caso di inadempimento, il deposito potrà essere restituito o trattenuto secondo le pattuizioni, ma non assume mai la natura di corrispettivo anticipato.

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