lunedì 19 giugno 2023

Legal - La responsabilità degli amministratori nelle S.r.l.

Con la sentenza n. 103 del 11 gennaio 2023, il Tribunale di Torino ha ribadito il principio per cui la diligenza richiesta in capo agli amministratori di s.r.l. nell’esercizio delle proprie funzioni è, non già, quella del mandatario, bensì quella professionale richiesta dalla natura dell’incarico di cui all’art. 1176, comma 2, c.c.

Il Tribunale di Torino ha sottolineato la differenza tra condotte rispondenti ai doveri minimi di diligenza professionale e scelte discrezionali richiamando, in relazione a queste ultime, l’applicabilità della business judgement rule, ossia il principio di insindacabilità della gestione da parte degli amministratori, secondo cui le decisioni gestorie, per legge, degli amministratori non possono essere contestate né dai soci, né dai creditori sociali e neppure dagli organi giurisdizionali. Pertanto, tale regola trova la sua applicazione quando gli amministratori hanno assolto agli obblighi di protocollo strutturale e informativo imposti dalla riforma societaria, mediante la predisposizione di assetti strutturali adeguati alla natura e alla dimensione dell’impresa e agiscono in modo informato come previsto dall’art. 2381 c.c.

La sentenza in esame è stata resa all’esito dell’azione di responsabilità promossa ex art. 2476, comma 3, c.c. da una socia di s.r.l. nei confronti dell’ex amministratore della Società S. Sia la socia attrice che la Società S. chiedevano la condanna del convenuto al risarcimento del danno patito dalla Società S. a causa di determinate condotte ai sensi del combinato disposto degli artt. 2932, art. 2476 e 1218 c.c.

Il Tribunale di Torino ha ritenuto fondate solo in parte le domande dell’attrice e del litisconsorte necessario. In linea con la giurisprudenza e la dottrina dominante viene confermato il principio per cui, anche nella s.r.l., la diligenza richiesta all’amministratore nell’esercizio delle proprie funzioni è non già la diligenza del mandatario (come prevedeva l’art. 2932 c.c. ante Riforma del 2003), bensì la diligenza professionale esigibile ex art. 1176, comma 2, c.c.

Come noto, infatti, l’art. 2476, comma 1, c.c. nel prevedere che “gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società”, non si occupa espressamente della diligenza richiesta all’amministratore nell’esercizio delle proprie funzioni. Ciò aveva condotto una parte della dottrina a ritenere che il grado di diligenza richiesto agli amministratori di s.r.l. divergesse da quello imposto agli amministratori di s.p.a. e fosse – il primo, diversamente dal secondo – riconducibile a quello imposto al mandatario ex art. 1710 c.c. a sua volta costruito sulla diligenza del buon padre di famiglia.

La sentenza in commento afferma, invece, che la diligenza richiesta all’amministratore di s.r.l. deve essere qualificata alla stregua della diligenza professionale contemplata dall’art. 1176, comma 2, c.c., con la conseguenza che deve necessariamente trattarsi della diligenza richiesta dalla natura dell’incarico dovendo la stessa essere sempre valutata “con riguardo alla natura dell’attività esercitata”, sottolineando l’importanza e la diversificazione delle attività che una società può svolgere, le quali non possono evidentemente non essere prese in considerazione ai fini della responsabilità.

Il Tribunale riconduce ai “doveri minimi, rientranti nell’ordinaria diligenza professionale ex art. 1176 del c.c., comunque esigibili dall’amministratore di una società commerciale [...] tenuto ad adempiere al propriomandato gestorio con la perizia minima richiesta dalla conduzione di un’impresa” le diverse condotte, puntualmente disattese dal convenuto. Inoltre, viene individuato un interessante distinguo tra doveri minimi dell’amministratore quali condotte impostegli dalla diligenza professionale per il sol fatto della carica ricevuta, da un lato, e scelte gestorie come tali insindacabili, dall’altro precisando, con riferimento a queste ultime che, nel rispetto della business judgement rule, gli amministratori non possono essere chiamati a rispondere per le scelte imprenditoriali che si siano poi rivelate inopportune dal punto di vista economico, laddove le stesse risultino ragionevoli e assunte nel rispetto dei parametri della diligenza professionale imposta, atteso che la valutazione preventiva sulla opportunità della scelta attiene alla discrezionalità imprenditoriale.

Infine, ulteriore aspetto interessante è il fatto che il caso specifico risulta essere un chiaro esempio di “responsabilità solidale” degli amministratori per i danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo. Invero, nel condannare il convenuto, il Tribunale ritiene di imputargli il danno patito dalla Società S., nella misura della metà rispetto a quanto richiesto, giacché dall’istruttoria era emerso come la gestione complessiva della società, non gli fosse rimessa in via esclusiva quanto piuttosto fosse condivisa con gli altri amministratori e, in particolare con uno degli amministratori delegati. Alla luce di ciò, il convenuto è stato condannato al risarcimento del danno in misura dimidiata rispetto alla domanda svolta nei suoi soli confronti, poiché il Tribunale ha ritenuto corretto non affermare la responsabilità esclusiva del solo convenuto per le condotte ascrittegli dalla socia e dalla stessa Società S, criticate come un’evidente mala gestio.

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