lunedì 17 luglio 2023

Tax - Controversia sulla retroattività del decreto 2018 sul transfer pricing

A cura del team Baker Tilly Tax

Il Decreto Ministeriale del 14 maggio 2018 ha fornito indicazioni per l'applicazione dell'articolo 110, comma 7, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) riguardante il transfer pricing. I principi tratti dalle Linee guida dell'OCSE del 2017 erano in gran parte già presenti in versioni precedenti del documento OCSE, il che solleva interrogativi sulla loro applicabilità agli anni precedenti al 2018. La giurisprudenza si è espressa in modo variegato su questa questione.

La giurisprudenza di primo grado sembra in maggioranza orientata verso un'applicazione con valore interpretativo, facendo riferimento al Decreto Ministeriale del 2018 (oltre alle Linee guida dell'OCSE) come elemento di supporto per l'applicazione di tutto l'intervallo dei valori derivanti dall'analisi di benchmark e non solo dell'intervallo interquartile. Inoltre, l'amministrazione finanziaria deve seguire il metodo di transfer pricing scelto dal contribuente. Tuttavia, non vi è un accordo unanime sull'interpretazione, poiché vi sono pronunce minoritarie secondo le quali è rilevante solo l'intervallo interquartile e non l'intero intervallo dei valori. Queste ultime sostengono che il Decreto del 2018 non ha retroattività e può essere applicato solo per gli esercizi futuri.

In passato, la Corte di Cassazione aveva escluso qualsiasi effetto retroattivo del Decreto del 2018, una posizione che sembra essere stata confermata di recente. In particolare, la Corte di Cassazione ha richiamato le Linee guida dell'OCSE del 2017 in relazione a una rettifica del transfer pricing per il 2006, sostenendo che i vari metodi non dovrebbero essere "utilizzati in chiave ausiliaria, come ora prevede, pro futuro, il Decreto del 14 maggio 2018, articolo 4, comma 1, emanato a seguito della modifica dello stesso articolo 110 del TUIR". È interessante notare che la Corte fa riferimento alle Linee guida dell'OCSE del 2017 in relazione a un avviso relativo al periodo d'imposta 2006, affermando poi che il Decreto del 2018 dovrebbe essere applicato solo in futuro. È evidente che nel 2006 il contribuente non poteva conoscere le Linee guida del 2017. Sarebbe più ragionevole utilizzare un criterio temporale e applicare le Linee guida dell'OCSE che il contribuente poteva conoscere al momento in cui sono state effettuate le transazioni intercompany, con l'opzione di utilizzare le versioni successive se sono coerenti con l'interpretazione precedente disponibile per il contribuente.

Questo approccio sembra essere in linea con quanto precisato dalla Corte di Cassazione riguardo al commentario dell'OCSE al modello di convenzione per evitare la doppia imposizione: "Possono essere di ausilio all'interpretazione delle convenzioni preesistenti quelle innovazioni del commentario che non siano la diretta conseguenza di corrispondenti modifiche al modello di convenzione, ma rappresentino piuttosto l'evoluzione di un'interpretazione condivisa dai paesi membri del testo del modello preesistente".

Tornando all'interpretazione (e quindi alla retroattività) del Decreto del 2018, vi sono alcune pronunce favorevoli da parte della Corte di Cassazione. Ad esempio, per un caso relativo all'anno 2004, la Corte di Cassazione ha richiamato i metodi previsti dall'articolo 4 del Decreto del 2018, nonostante non fossero applicabili nel caso specifico, ma possono essere valorizzati ulteriormente come interpretazione evolutiva. Questo concetto è stato anche menzionato in altre pronunce della Corte di Cassazione.

L'interpretazione (evolutiva) della Corte di Cassazione è stata condivisa anche da altri commentatori. Infatti, il Decreto del 2018 è stato emesso a seguito delle modifiche apportate all'articolo 110, comma 7, del TUIR dal Decreto Legge del 2017. L'Associazione delle Società per Azioni (Assonime) ha sottolineato il suo valore interpretativo in una circolare del 2017.

Sarebbe paradossale che le modifiche normative abbiano un valore interpretativo (e quindi retroattivo), mentre le disposizioni del Decreto Ministeriale dovrebbero valere solo per il futuro. Inoltre, nell'articolo 1 del Decreto del 2018 viene chiaramente indicato che le indicazioni sono ispirate alle migliori pratiche internazionali. Pertanto, è ragionevole concludere che il Decreto in questione abbia effetto retroattivo.

La portata interpretativa (e quindi retroattiva) del Decreto del 2018 viene anche confermata dalla relazione illustrativa, che afferma che il decreto introduce una disciplina applicativa del transfer pricing che si basa su una sostanziale continuità con le prassi adottate in precedenza dall'Amministrazione finanziaria e dai contribuenti.

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