martedì 12 dicembre 2023

Legal - La simulazione e la cessione di partecipazioni sociali

Non è sufficiente l'individuazione della c.d. "causa simulandi", cioè del motivo concreto per il quale le parti avevano posto in essere un contratto in realtà non voluto, ma occorre indicare gli elementi di raccordo tra la paventata violazione dei doveri inderogabili e l'integrazione di un'ipotesi di simulazione oggettiva parziale.

Nel caso oggetto di esame dell'ordinanza della Cassazione n. 32724 del 24.11.2023, con atto di citazione regolarmente notificato, una società in liquidazione conveniva avanti il competente Tribunale di Arezzo la cessionaria nonché separanda consorte dell'amministratore unico e liquidatore della stessa società attorea al fine di sentir dichiarare la nullità/invalidità del contratto di cessione onerosa di partecipazioni sociali per illiceità della causa, poiché la cessione medesima sarebbe stata – nello specifico – diretta a definire anzitempo i rapporti patrimoniali tra le parti coinvolte e non già a circoscrivere i rapporti economici societari. La convenuta citata, dal canto suo, si costituiva in giudizio, concludendo per il rigetto di quanto ex adverso eccepito.

In seguito alla consulenza tecnica d'ufficio, l'adito Tribunale - in parziale accoglimento delle pretese attoree - dichiarava la nullità del contratto di cessione di quote di s.r.l. e di azioni.

La convenuta proponeva, quindi, conseguente giudizio di appello. Decidendo sul gravame interposto, la Corte di Appello di Firenze respingeva la proposta impugnazione, confermando integralmente la sentenza impugnata. Ciò nonostante, la soccombente depositava rituale ricorso per cassazione.

La questione giuridica posta all’attenzione della S.C. riguarda l’istituto della simulazione (art. 1414 c.c.). Infatti, l’attore ha convenuto in giudizio la cessionaria, ritenendo la cessione delle partecipazioni sociali una simulazione volta ad un fine differente, ossia la definizione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi separandi. La Suprema Corte è partita dal concetto e dalla struttura della “simulazione nel contratto”, ossia l’istituto giuridico con cui si manifesta una volontà di concludere un contratto difforme rispetto a quanto voluto dalle parti. Tale manifestazione difforme comporta la conclusione di un negozio giuridico simulato che sarà conosciuto dai terzi ma non produrrà gli effetti suoi propri fra le parti. Lo scopo della simulazione, infatti, è proprio quello di far risultare una realtà giuridica non corrispondente alla reale volontà delle parti.

L’orientamento della dottrina e giurisprudenza prevalente ha sempre costruito la simulazione come un “negozio non voluto” e per tale carattere opposta al c.d. “negozio indiretto” caratterizzato dal fatto di realizzare un determinato effetto giuridico non in via diretta ma, appunto, in via indiretta: in tal modo, il negozio realmente voluto dalle parti viene attuato in vista di un fine pratico diverso da quello suo tipico e, in sostanza, corrispondente alla funzione di un negozio differente. È, perciò, evidente e pacifico che l’elemento indefettibile della simulazione sia – dunque – rappresentato dall’accordo simulatorio e/o dalla controdichiarazione.
La simulazione nel contratto può essere assoluta, relativa e presunta. Dipende dal contenuto della controdichiarazione:

- simulazione assoluta quando le parti nella controdichiarazione si accordano affinché il contratto non produca alcun effetto. In tal caso i contraenti fingono di volere un certo negozio giuridico ma in realtà non ne desiderano alcuno. La controdichiarazione di questo tipo dà origine a quello che si chiama “accordo simulatorio”. Lo scopo della simulazione assoluta è solitamente di tipo fraudolento.

- simulazione relativa invece quando le parti nella controdichiarazione escludono gli effetti propri del contratto che stanno concludendo ma, allo stesso tempo, decidono il prodursi gli effetti propri di un altro negozio. La simulazione relativa è prevista dal secondo comma dell’articolo 1414 c.c.

Può essere inoltre oggettiva o soggettiva. È oggettiva quando riguarda la causa, la modalità o l’oggetto del negozio simulato e al quale si aggiunge uno dissimulato. Con quest’ultimo le parti si accordano segretamente sulla produzione di ulteriori effetti. È soggettiva quando ciò che si vuole occultare è la persona che deve concludere il contratto e dunque la si sostituisce con un’altra. Tale ultima ipotesi è stata definita dalla giurisprudenza come interposizione fittizia di persona e non è una vera e propria figura di simulazione del contratto bensì una simulazione di una parte contraente.

- simulazione per presunzione quando vi è un fondato sospetto che la simulazione nasconda un negozio giuridico illecito. Anche questa può essere oggettiva o soggettiva.

Conseguentemente, nella sentenza esaminata, la S.C. ha affermato l’erronea applicazione della disciplina citata, escludendo che la compravendita di partecipazioni societarie integri una simulazione oggettiva in ragione del fatto che il corrispettivo della cessione avrebbe, in realtà, dovuto definire anticipatamente i rapporti patrimoniali tra coniugi separandi.

Si evince, pertanto, che la peculiarità dell'istituto giuridico de quo debba essere valutata in relazione alla funzione negoziale, manipolata dai soggetti in vista di scopi pratici di svariata natura, a fronte del dato costante costituito dalla creazione di una situazione apparente e, quindi, non vincolante, laddove – invece – il dato variabile è sostanziato dall'esistenza di un sottostante e diverso vincolo effettivo e, ciò, con l'intento di creare l'apparenza di un negozio, con o senza la volontà di occultare un negozio differente. A fronte di tale impostazione sistematica, nella motivazione impugnata non è dato ravvisare la valorizzazione di alcuna emergenza fattuale idonea ad avvalorarne l'apodittica qualificazione giuridica.

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